mercoledì 7 ottobre 2015

estate con l'assassino

Il corpo  dell’uomo che  solo 3 ore prima, in una afosa giornata estiva vestito con abiti pesanti e scuri, con l’ombrello al braccio, era salito su un autobus affollato, ( scatenando reazioni di ilarità e sorpresa tra i passeggeri) adesso giaceva esanime sul pavimento di mattonelle a scacchi del monolocale di periferia.
Il cadavere rispondeva - si fa per dire - al nome di Federico Vangone, quarant’anni, di professione salumiere, benestante e molto conosciuto nella area flegrea, zona dove abitava e svolgeva la professione.
Il corpo presentava profonde ferite d'arma da taglio all'addome, sulla schiena e sulle mani, con le quali, quest'ultime, presumibilmente, il commerciante aveva tentato istintivamente di parare i feroci colpi del suo aggressore.
Il commissario Pasquale Vicedomini, Lino per gli amici, accorso sul luogo del misfatto accompagnato dal suo vice Giovanni Quagliarulo, tre agenti della questura centrale e due tecnici della scientifica, scosse la testa più volte mentre osservava attentamente la scena del crimine.
Ispezionando da cima a fondo il locale il commissario rinvenne, in un cassetto della scrivania situata nella camera da letto, un quadernetto nero a quadretti pieno zeppo di nomi, date e conti segnati in rosso.
Con tutta probabilità, considerata la cospicuità delle cifre segnate all'interno, non doveva trattarsi di semplici crediti che il defunto droghiere potesse vantare nei confronti dei clienti del negozio, bensì di prestiti ad altissimo interesse, in pratica di usura vera e propria, pensò subito il commissario.
Vicedomini convocò in questura, nei giorni seguenti, le persone che comparivano sulla lista e prese ad interrogarle.
Vagnone infatti era un usuraio, di quelli della peggior specie, uno che si appoggiava per riscuotere i crediti ad alcuni esponenti malavitosi della famiglia Benincasa che controllava il quartiere.
Torchiati a dovere fra i debitori del mascalzone saltò fuori l'assassino reo confesso.
Si  trattava di un certo Mario Esposito, trentatre anni, netturbino, che per soddisfare le voglie di lusso sfrenato della bella e procace consorte si era indebitato fino al collo con il Vangone.
Tuttavia era sempre riuscito ad onorare i propri debiti fino a quando i tassi usurai erano balzati così in alto che per non incorrere nell'intervento dei Benincasa aveva dovuto cedere all'aberrante richiesta dello strozzino: cedergli la moglie a fini sessuali.
La cosa durò qualche mese, allorquando la signora Franca, moglie dell'Esposito, tornò a casa dall'ennesima seduta di pagamento in natura e rivelò al marito che in quell'occasione il Vangone aveva preteso delle prestazioni molto particolari, in parole povere la Franca aveva dovuto sottostare all'azione sodomitica del depravato creditore.
Fu in seguito a quest'ultima rivelazione che l'Esposito, assalito da una furia cieca e devastatrice, si era recato a casa del Vangone e l'aveva massacrato con una trentina di pugnalate inferte con un coltellaccio da cucina.


Mentre il Vicedomini ed il Quagliarulo s'avviavano lentamente giù al bar su quella metropoli tentacolare perduta in se stessa calavano, come un lugubre sudario, le prime ombre della sera.
Un altro giorno era trascorso consumato fra le lordure dell'umanità, pensò il commissario Vicedomini, assalito da improvvisa stanchezza.
Domani un nuovo sole illuminerà le stesse brutte facce di sempre e noi saremo al solito al nostro posto a fare gli spazzini del crimine.
C'est la vie, mon amì.


         Francesca Votino

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